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Vincent Giampino

 
 

Vincent Giampino, choreography-maker e performer, si forma tra Italia, Germania e Olanda dove consegue il B.A. presso SNDO - School for New Dance Development di Amsterdam. I suoi primi lavori vengono mostrati in Germania, Belgio e Olanda, e nel 2017 un suo lavoro co-creato con la collega Oneka Von Schrader è finalista al Prix Jardin d’Europe di Impulstanz a Vienna. Tornato in Italia nel 2018, presenta le sue creazioni in teatri e festival tra cui Fabbrica Europa e Teatro Florida a Firenze; Gender Bender a Bologna; Short Theatre, Teatri di Vetro e Buffalo a Roma. Nel 2021 partecipa all’insediamento in campo aperto di Live Arts Week X a Bologna: un sistema di presenze, sottrazioni e aggregazioni di varie intensità, non legate all’imperativo di dimostrare. Ha collaborato con artisti, coreografi, musicisti tra cui Greta Francolini, Cristina Kristal Rizzo, Edoardo Ciaralli, Lady Maru. Giampino si interessa alla definizione di un sistema di ‘povertà coreografica’ attorno ad un oggetto corporeo leggero, stupidamente abbandonato alla semplicità, che disimpara la messa in mostra di sé.

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Vincent Giampino, choreography-maker e performer, si forma tra Italia, Germania e Olanda dove consegue il B.A. presso SNDO - School for New Dance Development di Amsterdam. I suoi primi lavori vengono mostrati in Germania, Belgio e Olanda, e nel 2017 un suo lavoro co-creato con la collega Oneka Von Schrader è finalista al Prix Jardin d’Europe di Impulstanz a Vienna. Tornato in Italia nel 2018, presenta le sue creazioni in teatri e festival tra cui Fabbrica Europa e Teatro Florida a Firenze; Gender Bender a Bologna; Short Theatre, Teatri di Vetro e Buffalo a Roma. Nel 2021 partecipa all’insediamento in campo aperto di Live Arts Week X a Bologna: un sistema di presenze, sottrazioni e aggregazioni di varie intensità, non legate all’imperativo di dimostrare. Ha collaborato con artisti, coreografi, musicisti tra cui Greta Francolini, Cristina Kristal Rizzo, Edoardo Ciaralli, Lady Maru. Giampino si interessa alla definizione di un sistema di ‘povertà coreografica’ attorno ad un oggetto corporeo leggero, stupidamente abbandonato alla semplicità, che disimpara la messa in mostra di sé.