Regista dei passaggi e delle metamorfosi, il film-maker francese Pierre Coulibeuf ha realizzato sino ad oggi una ventina di produzioni video-cinematografiche all'interno di un progetto interdisciplinare che mette in contatto arti visive, cinema, fotografia, performance, letteratura e pittura in un gioco di relazioni variabili. Per Coulibeuf il cinema è inteso come luogo sperimentale in cui si confrontano e si interrogano reciprocamente diversi metodi produttivi e pratiche artistiche. Come afferma il regista, il suo non è un approccio documentario. Creazione condivisa quindi, quella praticata da Coulibeuf assieme agli artisti oggetto-soggetto dei suoi film-ritratto, per opere cinematografiche che risultano essere un prolungamento originale degli immaginari artistici di partenza e non un semplice rilevamento. Ammiratore di Pierre Klossowski (a cui ha dedicato un trittico) a lui si ispira adottando il termine di film-simulacro. "In questo caso il film non imita l’opera-pretesto; anzi, si stabilisce una distanza tra l’uno e l’altra, un luogo di tensione e di differenza. Non si tratta di adattare storie o prendere a prestito aneddoti biografici, ma di ‘adattare’ le caratteristiche formali di un lavoro o di una scrittura. Non mi interessa realizzare un film ‘su’ un tale o talaltro artista, ma piuttosto fare un film che parte da un altro universo mentale, realizzando il massimo trasferimento di energia da un sistema all’altro. Il nuovo lavoro che ne risulta è un simulacro; il simulacro è il risultato di un’operazione che Klossowski definisce come trasposizione, in un oggetto, delle forze che spingono il lavoro di un artista. Il simulacro ‘simula un’agitazione invisibile’. Trasporre è cambiare forma e contenuto passando a un altro dominio. Ed è proprio tra discipline, tra generi, tra metodi produttivi, tra una soggettività e l’altra, in questo spazio eternamente instabile, che un film può costruire se stesso. Il simulacro persegue un fine totalmente diverso dalla comunicazione intelligibile: aspira alla complicità."