produzione Viabizzuno/Netmage 06
Quello che deve fare un artista è osservare il mondo, studiarne le dinamiche visive e cercare di mettere ordine in quell’enorme caos estetico di segni, colori ed immagini.
L’idea per questo lavoro mi è arrivata mentre facevo snowboard ed ero sulla seggiovia, ho scoperto una cosa incredibile, di cui ogni bambino è probabilmente perfettamente consapevole: se chiudiamo gli occhi non smettiamo di vedere! Viceversa quello che vediamo va a comporre una struttura segnica molto complessa, costituita da una moltitudine di immagini luminose che si influenzano a vicenda; delle tracce percettive di ciò che abbiamo visto, ma che non c’è più, se non in una forma temporaneamente cicatrizzata nei i nostri coni e bastoncelli, molto più che retinica, iperpittorica.
Pertanto, se la base di partenza per questo progetto è semplice, il mezzo che ho utilizzato per realizzarlo lo è, idealmente, ancora di più: ho destrutturato. Ho smontato quello che vedo, utilizzato quello che mi serve e archiviato gli avanzi. Ho ottenuto così un codice visivo con cui le persone sono già abituate a relazionarsi, in modo poco consapevole oppure con una perfetta padronanza, non importa. La visione ad occhi chiusi è composta da due elementi principali di natura completamente diversa: (a) quello che rimane impresso nel nostro occhio in seguito all’esposizione ad una luce più o meno forte e (b) quello che filtra attraverso le palpebre.
Da (a)+(b) otteniamo un curioso pasticcio visivo, dal momento che (a) asseconda delle dinamiche regolate dal nostro occhio che “riassorbe” la sovraesposizione luminosa passando attraverso a tutti i colori primari, secondo l’ordine bianco-giallo-arancio-rosso-magenta-viola-blu-nero. Chiunque può farne una prova: è sufficiente fissare da vicino per un paio di secondi una sorgente di luce puntiforme isolata, come ad esempio una lampadina che pende dal soffitto.. chiudendo gli occhi, meglio se in penombra, evitando di muoverli, possiamo vedere in modo nitido il soggetto che ci ha “inciso” l’occhio e il suo variare cromatico.
Un’altra considerazione è che mentre l’immagine finta (a) viene letta dal cervello come vera, tramite una percezione stereoscopica dove entrambi gli occhi ricostruiscono -una- immagine, chiudendo questi ultimi la visione naturalmente-stereoscopica vera, scompare, dando luogo a una visione doppio-mono. Lo si nota provando a guardare la stessa lampadina di prima ad occhi chiusi facendo passare un dito davanti ai nostri occhi, vediamo un’ombra passare prima in un occhio e poi nell’altro.
Ear è un progetto che vuole sfruttare questi dati per dare vita ad un contesto visivo più articolato, dove gli elementi di base sopra descritti, uniti al disegno e al suono, prendono forma in un’installazione costituita da tre schermi da proiezione di forma vagamente ovoidale (o palpebriforme) disposti a triangolo, sospesi al centro dello spazio, su cui vengono proiettate le immagini elaborate secondo i principi di cui sopra, la cui finalità è quella di conferire allo spazio una forte connotazione aniconica, pur rimanendo attendibile quanto uno spazio reale.
S. T.
Con Ear, ambiente luminoso, Netmage inaugura una collaborazione produttiva nata dall'incontro con un interessante esempio di nuovo "made-in-italy". Circolo virtuoso fra saperi e pratiche di ricerca produttiva (classicamente: arte e industria).
Viabizzuno, azienda emiliana di light-design è coinvolta in veste di partner committente e producer. Il terreno di intervento trasla il rigore bianco e lineare che ne ha determinato il successo sul mercato internazionale del design, nell'intrigante creazione fenomenologica percettiva di Simone Tosca.
What an artist must do is observe the world, study its visual dynamics and try to put order in the enormous aesthetic chaos of signs, colors and images.
The idea for this work came to me while snowboarding. On the chairlift I discovered something incredible, that probably every child knows perfectly well: if we close our eyes we don't stop seeing! Instead, what we see adds up to compose a structure of very complex signs, consisting of a multitude of luminous images that influence circumstance; from the perceptive traces of what we've seen, but are no longer there, if not in a form temporarily scarred in our cone and rods, much more than retinal, hyperpictorial.
Therefore, if the starting point of this work is simple, the means used to realize it are, ideally, moreso: I've destructured it. I've taken apart what I see, utilized what I needed and saved the results. In this way I've obtained a visual code that people are already used to relating to, in a way that's little understood or with perfect mastery, it doesn't matter. The vision with eyes closed is composed of two natural principles that are completely diverse: (a) what remains imprinted on the eye after being exposed to relatively strong light, and (b) what filters through the eyelids.
From (a)+(b) we get (aside from the well known simultaneous images by Munari) a curious visual pastiche, from the moment that (a) favors the dynamic regulated by the eye that “reabsorbs”the luminous superimposition passing through all the primary colors, in the order of white-yellow-orange-red-magenta-violet-blue-black (a sequence that's practically typographical), where also white and black are recognizable. Anyone can test this: just stare for a couple of seconds at an isolated nearby source of punctiform light, such as a lamp hanging from the ceiling... closing the eyes, better in twilight, avoiding making any movement, we can clearly see the object “incised” on the eyes, along with its various colors.
Another consideration is that while the false image (a) is read by the brain ass real, through a stereoscopic perception where both eyes reconstruct -one- image, by closing them the real naturally-stereoscopic vision disappears, giving way to a double-mono vision. This is seen trying to look at the same lamp as before with eyes closed while passing a finger in front of them: we see a shadow pass first in one eye and then the other.
Ear is a project that tries to exploit this data to give life to a more articulated visual context, where the basic elements described above, united in design and sound, take on form in an installation consisting of three oval (or eyelid-shaped) projection screens placed in a triangle, suspended at the center of the space, on which are projected elaborate images according to the abovementioned principles, whose finality is that of conferring to the space a strong aniconic connotation, while remaining attainable as an actual space." Simone Tosca
With Ear, a luminous environment, Netmage inaugurates a productive collaboration born from the meeting with an interesting example of a new "made-in-italy". A virtual circle between knowledge and practice in productive research (classicly: art and industry).