Noi viviamo nel tempo. Loro vivono nello spazio. Così annotava Fernand Deligny nel 1968, quando nel sud della Francia fondò una comunità per ragazzini difficili, mettendo in atto un metodo per dar voce a chi, come gli autistici o i mutacici, è fuori-linguaggio. Si trattava di carte o mappe a cui erano sovrapposti calchi trasparenti che registravano i tracciati dei percorsi e degli spostamenti quotidiani dei bambini e degli oggetti con cui essi entravano in relazione. Lignes d’erre chiamò Deligny queste cartografie: linee di abbrivio.