performance
Di solito ci si guarda allo specchio in solitudine. Vorrei guardarmi allo specchio in moltitudine.
Monkey see, Monkey do, performance ideata da Muna Mussie, dà forma ad una fusione fra pubblico e scena, riflettendo sull'immagine e il suo potenziale. Una diatriba tra parola e immagine, a partire dalla dimensione conturbante del 'doppio'. Monkey see, Monkey do parla di persona-corpo – inteso come complesso organizzato da elementi concreti – e di persona-politica – intesa come complesso organizzato da elementi astratti. Si rivolge a uno spettatore che condivida con le artiste/artefici una volontà di significazione del gesto più minimo: 'occhi diaframma che si allenano a contemplare, a contenere un di più, un di meno che sprigiona visioni attraverso tensioni psicofisiche tra corpi; corpo carne, corpo suono, corpo plastico.' Protagoniste sono figure semi-identiche che agiscono come 'prototipo', in funzione di una messa a fuoco di quella avventura fantastica e controversa che ognuno esperisce di fronte alla propria immagine. Lo specchio, oggetto e dispositivo base su cui è disegnato l'impianto di Monkey see, Monkey do, impone allo sguardo di ruotare su se stesso partendo dalla e giungendo alla medesima fonte che è al contempo guardante e guardata. Questa rotazione perpetua cerca un suo periodo ipotetico nella realtà. Una realtà difficile da identificare. Come liberare parola e immagine dalla reciproca forma di 'patria potestà'? Operando dall’apparenza del reale, slittare, sorvolare, inciampare sui diversi codici che la esprimono. Un viaggio semantico in entrata e uscita libera.
di Muna Mussie
con Giorgia Del Don e Muriel Del Don
con la collaborazione di Gian Luca Mattei
produzione workspacebrussels, Xing
con il supporto di Summer Studio/Rosas Parts, Bains Connective, Teatro Valdoca
performance
Observing oneself into the mirror is something that one usually does alone. I would like to look into the mirror with a multitude.
Monkey see, Monkey do, a performance conceived by Muna Mussie, gives shape to a fusion between the audience and the scene, reflecting on the image and its potential. A diatribe between word and image, beginning with the disturbing dimension of the 'double'. Monkey see, Monkey do speaks of the person-body - understood as a complex entity organized by concrete elements - and persona-politics - understood as a complex organized by abstract elements. It is aimed at an audience that shares with the artists/creators a desire for meaning in the most minimal gesture: 'eye diaphragms that are trained to contemplate, to contain more, one less that unleashes visions through psychophysical tensions between bodies, flesh body, sound body, plastic body'. The protagonists are semi-identical figures that act as 'prototypes,' according to a focussing on that fantastic and controversial adventure that everyone experiences in front of one’s own image. The mirror, the object and the basic device around which the Monkey see, Monkey do system is designed, requires the eye to turn on itself starting from and coming to the same source that is both watching and being watched. This perpetual rotation seeks its own hypothetical period in reality. A reality that is difficult to identify. How do we free word and image from the mutual form of 'parental authority'? By working from the appearance of reality, sliding, flying above, tripping on the various codes that express it. A semantic journey on the free entry and exit.
concept Muna Mussie
with Giorgia Del Don e Muriel Del Don
with the collaboration of Gian Luca Mattei
production workspacebrussels, Xing
with the support of Summer Studio/Rosas Parts, Bains Connective, Teatro Valdoca