La terra non ha alcun altro scampo che diventare invisibile come il nostro proprio destino in mai nello stesso tempo diviene più attuale e invisibile
(R.M. Rilke Lettera a Witold Hulewicz del 13.11.1925)
Si dovrebbe tornare a quest'idea della prossimità per distanza, dell'intuizione come auscultazione o palpitazione in spessore, di una veduta che è una veduta di se, torsione di sé su sé, e che mette in questione la coincidenza. (M.M. Ponty)
Uno spettacolo dedicato a nessuno in particolare; una stanza bianca: il luogo delle successioni di atti indimenticabili, dall’arrivo, alla seduta, allo sguardo, allo sbadiglio, al sospiro, al bisbiglio, alla piccola risata, al sonno. Un’estraneità calma e dolcissima è il rapporto che dovrebbe avere con lo spettatore; una dolcezza che dovrebbe mitigare proprio il senso e la paura di questa estraneità: come un occhio che accoglie dall’esterno e mostra invariabilmente, come la ripresa nascosta di un bagno turco, dove la nebbia e il calore accolgono corpi che chinano il capo e pensano a sé, nello scivolare piano di una goccia dal mento, al collo, al torace poi fino a terra.
Per il momento il soggetto è nascosto, la volontà è di impiegarsi nella ricerca di un’estetica che nello svilupparsi si neghi e contraddica le posizioni precedenti.
Gli scritti, le immagini, i luoghi, le fotografie cercano di materializzare un luogo di ricerca che svuoti gli oggetti affidandosi alla dolce superficie, un sentimento di semplice concatenazione di atti senza perlustrazione. Uno spazio svuotato dall’apparenza, liberato da quella luminosa glorificazione della bellezza che cancella il diritto al pericolo. Un volume instabile senza riferimento non lascia che come traccia il proprio vuoto.
Lo sguardo non sprofonda più, si aggancia al particolare millimetrico.
Ciò che è nascosto è l’evidenza di voler mostrare l’atto singolo come oggetto di sé: dolcissima vanità del divenire.
Rendersi invisibili nell’evitare la rappresentazione con la consapevolezza di porsi al limite dei campi conosciuti per verificare la solidità dell’esperienza contemporanea del proprio sentire. Il corpo tramite di se stesso, parlante nella presenza non distrutta da ogni dover essere, anche appena accennato.
coproduzione Festival di Santarcangelo, Teatro Studio di Scandicci, Kinkaleri
in collaborazione con Xing - Link Project Perform, CRT di Milano
con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Dipartimento dello spettacolo