La monumentale video-proiezione The Propitious Stars and the Master of the Staring Eyes, nasce come produzione originale di Alexander Hahn che, su invito delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, ha lavorato traendo ispirazione dal ciclo di affreschi quattrocenteschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia. L’idea della mostra è nata dal desiderio di gettare un ponte tra il tempo presente e quello riflesso nei Mesi di Schifanoia, dove si dispiega un racconto per immagini di grande fascino, ma per noi oggi pieno di enigmi – sebbene chiaramente strutturato secondo il programma iconografico dell’umanista Pellegrino Prisciani, su cui ha gettato luce il poderoso studio di Abi Warburg. Attraverso il punto di vista di un artista dei nostri giorni, nello shock dell’incontro della sua sensibilità e della sua storia con quel monumento così fuori dal comune – non ultimo per la sua affascinante vicenda interpretativa – si contava di vedere nascere un’opera che potesse restituire in parte al nostro tempo il senso di quanto vediamo cristallizzato nei registri pittorici di Schifanoia.
Così come i pittori chiamati da Borso a decorare il Salone dei Mesi avevano composto un ritratto quotidiano, ideale e simbolico del proprio universo, compiuto e racchiuso nelle mura cittadine e nella corte, così Hahn in The Propitious Stars and the Master of the Staring Eyes mette in scena una rappresentazione della nostra esistenza in un mondo senza confini. Scene, volti e scorci della Ferrara contemporanea si alternano a riprese di New York e di Amman, città alle porte dell’Oriente; a queste si aggiungono spezzoni di video ripresi in altri centri o con ambientazioni rurali e di periferia urbana. Su una parete di 14 metri scorre un flusso continuo di immagini trasmesse da tre proiettori collegati ad altrettanti lettori sincronizzati che compongono una sequenza di dodici tableaux-vivants, uno per ogni mese rappresentato nel
ciclo ferrarese. Dal punto di vista formale, la video proiezione spinge al limite le potenzialità espressive dell’arte elettronica e delle nuove tecnologie digitali, che Hahn mette alla prova in un confronto serrato con le soluzioni adottate dai maestri di Schifanoia. La ricchezza visiva dei dipinti, con i loro colori suntuosi, con la loro densità di personaggi, di situazioni e simboli, è mantenuta nell’opera di Hahn grazie alla qualità fortemente pittorica e sensuale delle sue immagini, potenziata, in questo caso, dall’alta definizione. L’utilizzo di lenti panoramiche, che deformano scorci, persone e oggetti, accentua, assieme allo sfondo di paesaggio realizzato digitalmente, la componente surreale presente nei suoi lavori, anch’essa non del tutto estranea alla maniera eccentrica dei pittori dell’Officina Ferrarese. Colpito dall’impiego
seriale dei cartoni, utilizzati dagli artisti di Schifanoia per “popolare” più speditamente di figure i registri pittorici e portare a compimento, nei tempi voluti dal duca Borso, la monumentale commissione, Hahn ha inserito nello stesso “quadro” più riprese delle medesime persone colte in momenti diversi, mentre le varie parti dell’installazione, composte di un materiale vasto e molto eterogeneo, sono cucite assieme, per utilizzare le parole dell’artista, come le «campiture di un tappeto animato» di cui l’osservatore è chiamato a riallacciare il filo narrativo.