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Versione

Prima l'immagine poi il titolo

 Teatrino Clandestino

 
 

Quando ero bambino avevo terrore del buio, nel buio vedevo apparire forme e figure e mi spaventavo;  per lunghissimo tempo ho continuato ad aver paura del buio e delle immagini in esso contenute, circa fino a 18 anni, poi ho cominciato a convivere con queste apparizioni che non sono apparizioni del sonno, del sogno, ma fantasmi della veglia non sono però allucinazioni, lo stare davanti al buio, il buio stesso, si trasforma nello schermo di proiezione delle mie visioni interiori, al buio posso vedere ciò che il velo della luce mi impedisce, ed impedisce ai più, di vedere.
Si usa comunemente il termine illuminare intendendo l’accesso ad una nuova visione, alla capacità di vedere ciò che prima era oscuro, nelle tenebre. Forse può apparire inconsueto, ma ho sempre trovato più visioni nell’oscurità, nel buio, è al buio che mi s’ illuminano i soggetti che poi ho cominciato a portare con me in teatro (credo si tratti di un’attitudine estrema all’estroversione).
Nel buio non sono le immagini luminose del mondo esterno a venire verso di te, nel buio appaiono le immagini che tu proietti nel mondo; di questo modo di procedere si può dire che non è naturalista o non è realista, ma è già più difficile dire che cosa E'.
Ora in questo piccolo mondo di paure e visioni percepisco un’affinità, per la qualità della paura, con il tema delle madri assassine, con Medea che ne è il prototipo e che più di ogni altra cosa sono ORCO.
      (Pietro Babina)

Prima l’immagine poi il titolo è un’esercizio tecnico formale in cui si cerca di riprodurre (non tanto come copia quanto come impressione) il processo visivo del mio cinema dell’oscuro, la drammaturgia è qui seconda alla tecnica perchè così deve essere in questo esperimento, l’intento è quello di portare ad un ancora più estremo punto di convivenza e confusione, il reale nel suo elemento umano e l’irreale nel suo elemento di immagine proiettata, spingendo il teatro verso la bidimensionalità e le proiezioni verso la tridimensionalità. Prima l’immagine poi il titolo segna anche la prima tappa del nostro cammino sul tema de "le madri asassine" ed un primo passo verso la Medea Futura.

When I was a child I was afraid of the dark, in the darkness I saw forms and figures appear and it scared me. For the longest time I continued to have a fear of the dark and the images that it contained. This was until I was around 18, then I started to live with these apparitions which are not really apparitions in my sleep, or in my dreams, but ghosts of my waking hours. Not hallucinations. To be in front of the darkness, the darkness itself transforms into the projection screen of my internal visions. In the darkness I can see that which the veil of light stops me from seeing, and stops everyone from seeing.
The term enlighten usually means to gain access to a new vision.The ability to see that which was previously in the darkness. It might seem strange, but I have found more visions in the obscure, in the darkness. It is there that the subjects comes to light, so that I can then take them with me on the stage (I think that it is an attitude at the extreme of extroversion).
In the darkness it is not the glowing images of the world outside that come towards you, what appears are the images that you project into the world. You could say that this way of things is neither natural nor realistic, but in the end it is hard to say what it is.
Now in this little world of fear and visions, I feel an affinity to the kind of fear represented in The Mother Assassins, with Medea who is the prototype, and more than anything else I am an Ogre.     
  (Pietro Babina)

Prima l’immagine poi il titolo (First the images then the title) is a technical excercise in which we try to reproduce (not for the sake of making a copy, but to give an impression) the visual process of my cinema of darkness. The dramaturgy comes in behind the technical because this is the way this experiment needs to be. The intent is to take things to a point of even more extreme sharing and confusion, the real in a human sense and unreal by means of the projected image, pushing theatre towards two dimensions and the projection towards three dimensions.
First the images then the title marks the first step of our path of dealing with the theme of The Mother Assassins and a first step towards Medea Futura.