Serata di ascolti della produzione sonora di Russia e Unione Sovietica a cura dello scrittore e traduttore Paolo Nori e del docente di cultura russa all'università di Milano Gian Piero Piretto, entrambe profondi conoscitori della cultura sovietica.
Un problema per chi studia russo è un problema che se ne discute da tempo è il problema dell’animo russo. Che secondo me è un problema che ci si può saltar fuori soltanto per via che delle volte si fanno delle esperienze che si vede che alcune delle cose che si studiano sono anche vere. Allora io mi ricordo un pomeriggio che ero in giro per Leningrado con un libretto di un filosofo russo che si chiama Solo’vëv un libretto intitolato L’idea russa e i miei amici russi che mi dicevano Ma cosa leggi? Infatti non si capiva mica niente. Dopo mi ricordo una volta ho letto un poeta che aveva fatto degli specchietti dove dimostrava che la canzone popolare è meglio di tutti gli scrittori possibili e immaginabili, e quella cosa lì si capiva un po’ meglio ma un esempio, non avrei saputo come esemplificare. Dopo m’è successo un pomeriggio che mi son trovato a bere con dei miei amici russi ci siam messi a cantare a un certo punto m’hanno chiesto di cantare delle canzoni italiane io non sapevo quali conoscevano loro, quando hanno cominciato a cantarmi Un italiano vero di Toto Cutugno e Notti magiche di Gianna Nannini e Edoardo Bennato io all’animo russo secondo me mi ci sono un po’ avvicinato. (Paolo Nori)
Anima russa è una storia vecchia. Tutto il mistero della cultura della steppe veniva aggirato, quando proprio non si riusciva a penetrarlo (e succedeva molto spesso), addossando tutte le responsabilità all'anima russa che era enigmatica e lontana. Animo già suona meno fazioso, ma è diventato un insopportabile luogo comune. La musica no. Anche se, secondo i luoghi comuni, tutte le canzoni russe sono strazianti, lagnose, ammorbanti. Almeno quanto, sempre secondo gli stereotipi, lunghissimi e pesanti sono i romanzi di quella cultura. E' tutto assolutamente vero. Ma c'è una ragione. Anzi, ce ne sono molte, e l'anima russa, ammesso che esista, è fatto proprio di questo. E' fatta del paesaggio infinito, di pianure che paiono non avere confini. E allora si parte, carichi di contraddittorie pulsioni, alla ricerca di quei confini, con l'ansia e la paura di trovarli. Se non li si trova il viaggio non ha mai fine. Se li si trova il viaggio finisce. E comunque si canta. Si canta quello che quella distesa piatta e incolore suggerisce all'uomo che la percorre, portandosi appresso le vicende e le faccende della vita. Poi arrivano la politica, il lavoro, il potere. E la musica cambia. C'è chi prova a modificare le valenze emotive dei russi. Chi accetta e si adegua. Chi reagisce e protesta.Sempre cantando. E non solo. E il canto continua a spiegarsi "infinito come la Russia e gli stessi cantori paiono perdersi nella sua immensità". Lo scriveva già Gogol' nel 1842. (Gian Piero Piretto)